sabato 19 gennaio 2013

La sfiga se ne fotte delle statistiche




Non ho mai prestato particolare attenzione al mio corpo.

Non è che mi trascuro, o che eviti di guardarmi allo specchio o altre cose simili che facciamo più o meno tutti.

Semplicemente dò per scontato che ci sia, funzioni e mi consenta di vivere la mia vita, ma non son stato capace finora di soffermarmi a considerarlo, olisticamente o nelle sue parti, nè a capire quanto io dipenda da lui (io dipenda da me?).

Finora.

Negli ultimi tempi sta succedendo qualcosa che mi costringe a riflettere un poco di più su questo infrastruttura imprescindibile; innanzitutto sto invecchiando, ma mi rendo conto che lo sento più in testa che nel fisico, in questo sicuramente  qualche effetto c'è e chi non mi vede da un certo tempo individuerebbe tutti i segni e le tracce del cambiamento che nel frattempo è avvenuto, ma io dall'interno lo percepisco molto meno.

Il cambiamento è troppo graduale per poterlo cogliere, a meno di confrontarsi con le versioni di qualche tempo prima, un anno, cinque, dieci, trenta; cinquanta e passa anni in cui comprimo lo stesso muscolo 70 volte al minuto, riempio gli stessi polmoni, socchiudo le stesse orbite, svuoto la stessa vescica e intestino, sono vivo per il continuo ripetersi di stimoli elettrici, processi osmotici, reazioni chimiche in ogni mio grammo di materia.


Poi ci sono gli avvenimenti esterni, quelli che sono capitati anche a persone a cui voglio molto bene (più son vicini e più mi costringono a un confronto e una riflessione), e questo sì che mi fa pensare; purtroppo non sto alludendo a niente di diverso da quello che da sempre più o  meno presto ci riserva la vita in seguito a cause naturali (cedimenti dell'infrastruttura di cui sopra) o artificiali (il contributo dinamico di un veicolo, una pessima interpretazione di un passaggio sul ghiacciaio o anche solo sul sentiero, la  sopravvalutazione della resistenza di un'apnea - i modi in cui riusciamo a farci male anche in maniera definitiva sono di gran lunga superiori a quelli che la fantasia umana possa concepire).

E' vero sono cose sempre successe, ma con il passare degli anni ti accorgi che aumenta la frequenza con cui toccano intorno a te e allora più o meno istintivamente, più o meno inconsciamente ti trovi  a confrontarti, a chiederti perche a lui? io lo conosco da una vita, è come me, cosa ha fatto perché gli succedesse una cosa del genere? statisticamente una sfiga del genere può colpire ancora a così breve distanza (sì, la sfiga se ne fotte delle statistiche)? son sicuro che non potrebbe succedere anche a me (certo che non lo sono, cazzo!)?

Ma con questi dubbi, istintivamente emergono delle sensazioni belle anche se egoistiche: poteva succedermi, ma così non è stato, io sono ancora qui e potrò continuare a vivere la mia vita nella maniera più intensa che mi riesce.

Anzi a volte da un evento particolarmente infausto trovo la capacità di riguardare alle mie priorità da una prospettiva più lontana e rendermi conto quanto alcuni crucci siano insignificanti, alcune preoccupazioni eccessive, alcuni valori trascurati; mi aiuta a rimettere ordine nelle priorità, a togliere il velo dell'abitudine a momenti quotidiani di vita facendomeli apprezzare in tutta la loro pienezza, a eliminare titubanze e dubbi su decisioni procrastinate da tempo.

E' una reazione meschina? sciacallaggio intellettuale di disgrazie altrui? me lo son provato a chiedere; io non credo, mi sembra un atteggiamento naturale generato dall'istinto di sopravvivenza e mi sembra che sia condiviso da tanti, se non proprio tutti.

Certo non è che una cosa è buona solo perché in tanti la pensano allo stesso modo, anzi spesso è vero il contrario, ma quando "scendi" dal livello delle opinioni (soggettive anche se influenzate da educazione, ambiente sociale ed esperienze) a quello dei comportamenti e pensieri istintivi, entri in un campo dove la componente oggettiva legata alla specie è preponderante.

Accusarmi di sentimenti condannabili o censurabili sarebbe come farlo perché ho gli occhi azzurri o amo il dolce alla fine del pasto, tutte eredità dell'evoluzione per cui non posso farci proprio niente.

E quindi come dicevo sto iniziando a guardare il mio corpo in una maniera diversa. 

Spesso mi pongo la domanda di quale pezzo salterà per primo, perchè non c'è dubbio che a meno di interruzione improvvisa e traumatica del funzionamento complessivo, prima o poi qualcosa dovrà saltare.
Quale sarà il mio organo del destino?

Conosco (o conoscevo) persone che son finite in casini serissimi per colpa di organi di cui non saprei neanche indicare la posizione, per non dire la funzione. Ad esempio a che serve il pancreas? perchè dipendo da un aggeggio appoggiato sul rene (questo l'ho imparato, ma non so bene a che altezza è il rene) che a quanto mi risulta dovrebbe essere coinvolto nella digestione?

Sarà una ghiandola a mettermi nei casini? A cosa serve la tiroide? se è così importante che ci fa davanti alla trachea? Non è un po' poco protetta? Vogliamo parlare dell'ipofisi? Lei sì, bella protetta nella scatola cranica, ma è possibile che se si mettono a fare le bizze organi della dimensione di un acino d'uva fragola, rischia di saltare tutto?

Sulla carta il favorito è il fegato a cui sto dedicando una terapia d'urto da quasi tutta la vita, epatite in gioventù e alcool in maturità; io mi autoassolvo considerando l'assunzione di alcool una sorta di mitridatizzazione e anche uno "sciogli trombi" delle arterie, quindi alla stregua di medicina preventiva, ma in fondo so che non è così, sopratutto per le quantità che faccio fuori. 
Vorrà dire che se lo sfascio partirà da qui me la potrò prendere solo con me stesso, senza imprecare contro la sfiga.

Ho una paura fottuta che succeda qualcosa in zone basse, e di finire ad andare in giro con tubi e sacchetti, dopo una bella colonscopia (e pensa se questa mi piacesse, quanto tempo sprecato).

Io faccio il tifo per il cuore, mi dà l'idea di un organo con le idee chiare - magari solo perché è evidente la sua funzione - con un comportamento in caso di malfunzionamento spesso bello netto, senza tentennamenti o ambiguità. 
E' chiaro che paghi il prezzo più elevato ma io non ho dubbi nell'augurarmi un bello stop improvviso del mio muscolo cardiaco (magari tra qualche annetto) a un decadimento dove perda progressivamente e inesorabilmente la mia coscienza e la mia autonomia, orribile.

In questo senso forse la cosa peggiore potrebbe essere il decadimento del cervello; sano ma rimbambito, dipendente dalla buona volontà e i risparmi di chi mi vuole bene - un incubo per me e per tutti.

Se dovessi capire che ho preso questa strada spero di avere la forza di interrompere il declino prima di non riuscire più a farlo da solo, e pazienza se do un dispiacere allo stregone in Vaticano.

Vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo, ma continua a stupirti come se fosse il primo 
(Seneca e qualcosa di mio)





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