sabato 10 agosto 2013

Auspice Dannata


Auspice dannata



Questo bel distico di attribuzione incerta, racchiude la summa del pensiero dei “Dannati” un Nobile Consesso attivo in Italia agli inizi del XXI secolo di cui ricorda i valori e indica i principali orientamenti filosofici ed esistenziali.

I                                    Con [1]Gamay, [2]zuppa e [3]mocetta
II                                       [4]viva la figa, viva la [5]vetta





I Con....mocetta: l'identificazione della Valle d'Aosta come Topomastica di riferimento appare inequivocabile, eppure talune voci discordanti, non senza valide argomentazioni, offrono interpretazioni diverse e più restrittive. 
[1] Gamay: la scelta del vitigno non poteva esser più felice: e certo il Gamay non è di casa solo in Valle ma l'equivoco non può sussistere ove consideriamo le altre aree DOC e DOCG dello Stivale, Toscana e Umbria, belle, ma di bellezze almeno in parte incompatibili con le priorità dannate. (cfr. II: non si vuol qui mettere in discussione l'attraenza della Gnocca delle Regioni del Centro Italia, ma in quanto a vette con la pur lodevole eccezione delle Apuane il confronto non è neanche lontanamente proponibile). 
[2] Zuppa: qui la polemica interpretativa non si è ancora placata: la versione più accreditata vede infatti nella scelta del termine un generico richiamo a una cucina povera, ma di tradizione, senza riferimento precipuo a una ricetta specifica. Altri commentatori (cfr. Sapegno e altri) vedono invece un riferimento diretto a piatti della tradizione dell'una o dell'altra località. Si vuole infatti dimostare che assumendo il riferimento dell'Autore essere la Zuppa Valpellinentze, egli intendesse  identitificare la sola Valpelline come luogo di elezione e frequentazione!  E' facile la confutazione di una conclusione dettata evidentementente dalla scarsa conoscenza del contesto socio-culturale dei Dannati.  Vette e Patonze infatti avevano per loro un fascino non racchiudibile nel pur ampio e bellissimo contesto di Gignod e dintorni, che anzi appare un'area relativamete trascurata dalle loro incursioni, e non certo per mancanza di Piole, gite e panorami (chiunque fosse in grado di contribuire a colmare le carenza legate all'altro grande valore dannato, è pregato di mettersi in contatto con il creatore di queste note). 
[3] Mocetta: la  scelta  di  questo  nobile  insaccato  autoctono  legato  alla  tradizione  alimentare  dell'intera  Valle, dovrebbe inequivocabilmente por fine a ogni dubbio interpretativo sull'ampiezza del contesta che l'Autore vuole celebrare.
I dubbi si pongono tutt'al più sulla possibile ulteriore estensione che potrebbe essere metaforicamente abbracciata: siamo di fronte a un'ardita sineddoche, il particolare per l'Universale, la Valle d'Aosta per l'intero arco alpino o anzi per “La Montagna” ovunque si erga nell'Universo Mondo? Non è interpretazione completamente peregrina anche alla luce dell'altra bella sineddoche del secondo verso, ove l'Essere femminile viene evocato riferendosi al suo aspetto più rilevante (almeno dal punto di vista dannato e della popolazione maschile del pianeta).
E ancora, perchè solo Val d'Aosta? E' nota la presenza di alcuni comportamenti al limite del fanatismo di almeno un Membro del Consesso  Dannato,  che  la  Regione  Autonoma  aveva  diffidato  dal  consumare  ulteriormente  Autostrada,  ghiacciai,  sentieri  e soprattutto riserve EnoAlimentari, ma è certa la presenza di Dannati anche in aree montane diverse, ma equivalenti come offerte edibili e contesti Naturali (nel più ampio significato del termine); purtroppo ogni grande Opera pone domande a cui non si riesce a dare una risposta definitiva, e l'Auspice Dannata non farà eccezione.
II Viva...vetta: la mirabile concisione del verso lascia senza fiato; un manifesto di vita racchiuso in dieci preziosissime sillabe!
[4]  Viva la f..a: non si intende qui entrare nel merito del per altro condivisibilissimo orientamento sessuale dell'Autore, ma portare l'attenzione sulla grande tecnica poetica (o sull'istinto? un'altra domanda che non avrà risposta) che gli permette di nobilitare un interloquire ormai trasformato in interiezione per l'uso e l'abuso (da cui la decisione del redattore di queste note di non riportarla se non nel contesto dell'Auspice) che ne pratica la già citata popolazione maschile, in questo caso necessariamente italiofona, dall'adolescenza per un periodo in genere non inferiore alla durata della presenza in vita. 
[5] La vetta: è evidente da parte dell'Autore il richiamo e la contrapposizione a “le Stelle” che il sommo Vate pone a conclusione dei tre Cantici della Divina Commedia (...e ritornammo a riveder le stelle, ....puro e disposto a salire a le stelle, ... Amor che move il Sole e l'altre Stelle); identico è lo spirito che anima il verso, ma l'Autore dell'Auspice ci riconduce sulla Madre Terra, pur se nel punto più proteso verso l'Infinito, ci rammenta così, ahimè, la nostra essenza terrena, ci raccomanda l'aspirazione all'ascesa ma nella consapevolezza  dell'immanenza,  elevarsi  il  più  possibile,  rimanendo  ben  saldi  sulla  nuda  terra (imbragati  e  con  l'appropriata assicurazione ove richiesto); fisica e metafisica, corpo e anima, limiti e grandezza della natura umana e soprattutto dannata, temi cari alla meditazione di ogni tempo, una dicotomia che neanche Pascal è riuscito a esprimere con una simile drammaticità e forza ispiratrice.


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